#344485 Angolo Antico

Le bizzarre, faconde, et ingeniose rime pescatorie. Nelle quali si contengono sonetti, stanze, capitoli, madrigali, epitafij, disperate, e canzoni. Et il commento di due sonetti del Petrarcha, in antiqua materna lingua.

Autore
EditoreGiovanbattista Bertacagno.
Data di pubbl.
Dettagli In 8, cm.10,5x15,
Abstract104 pagine numerate. Segue: Andrea Calmo, Le giocose moderne et facetissime. Egloghe pastorali, sotto bellissimi concetti, in nuouo sducciolo, in lingua materna, Venezia, Giovanbattista Bertacagno, 1553. In 8, pagine numerate 120. Segue: La Fiorina, comedia facetissima, giocosa, et piena di piaceuole allegrezza. Venezia, Giovanbattista Bertacagno, 1553. In 8, pagine numerate 30, 2 carte non numerate. Legatura strettamente coeva, probabilmente officinale, in piena pergamena molle con risvolto protettivo del lato esterno (qualche macchia). Esemplare molto bello, bianco, marginoso e con la stampa ben inchiostrata. Prima opera: Le bizzarre, faconde et ingegnose rime pescatorie. Andrea Calmo fece riunire le "Bizzarre rime", le "Egloghe" e la Fiorina in separati volumetti che apparvero dal Bertacagno nel 1553. Le Bizzarre rime sono il primo canzoniere in dialetto veneziano a stampa, e perciò hanno goduto di moltissime ristampe e assunto il ruolo di un vero e proprio "manifesto" della letteratura dialettale veneziana. Esse descrivono il mondo dei pescatori lagunari, la classe più bassa della società veneziana, ed il Calmo sembra a tal punto identificarsi in esso che ne nacque autoschediasticamente la notizia che egli fosse un pescatore. Si tratta di un testo che sta fra la pedissequa imitazione del Petrarca e la parodia e lo sberleffo nei confronti dello stesso Petrarca e della tradizione "alta"della letteratura italiana. Il Calmo non imitò il modello umanistico, se non per deformarlo con la sua accesa fantasia linguistica che gioca col linguaggio fino a dei veri e propri straniamenti semantici e fino ad usi talmente metaforici da ricordare l’approccio al linguaggio di un Burchiello. I suoi versi esprimono un gustoso senso del bizzarro, per la genialità e per la sonorità delle parole che li avvicinano alle chansons dell'epoca e alla pratica concertativa dei madrigali. Quasi sicuramente egli fu soltanto un attore e un commediografo, benché appartenesse probabilmente alla piccola borghesia. Ciò spiega, al di là degli occasionali accenni di alcune lettere, la sua mancanza di rapporti continuativi con personaggi noti e influenti, e la conseguente penuria di documenti che anche indirettamente lo riguardino: segno di un'esistenza che, malgrado i clamorosi successi colti sulle scene e la fama assicuratagli dalla fitta serie di opere a stampa, dové trascorrere nel cerchio di una notorietà estranea a un reale interesse da parte della società dei potenti. Un barbiere e un sanser (un mediatore) sono tra i testimoni dell'autografia del testamento, ed entrambi si dichiarano intrinseci da lunga data dell'amico defunto. Il Calmo non ebbe come mecenate un uomo come il protettore del Ruzante, Alvise Cornaro, che coinvolse variamente l'attore-autore nella propria attività economica; né la sua parentela e le sue amicizie furono nemmeno lontanamente paragonabili con la vasta rete di conoscenti e di affini che avvolse, lasciando ampie tracce nelle carte d'archivio, la vita di Angelo Beolco.Seconda opera: Le Egloghe hanno una chiara struttura teatrale e utilizzano la medesima mesci-dazione linguistica delle Pescatorie. Inoltre esse sembrano anticipare taluni caratteri del barocco. Infatti il linguaggio sostanzia della propria inventiva una pronunciata apertura al fantastico, che viene finalizzato alla ricerca di effetti realistici, costruendo uno stralunato effetto dove l’imagery e l’inventiva popolaresca costruiscono la magia di un linguaggio che descrive la materialità, carnale ed emotiva, del mondo pastorale. La pluralità degli idiomi immessi nella commedia, con l'aggiunta degli eloqui creati artificialmente, è sfruttata quasi esclusivamente sul piano dell'elaborazione verbale, a volte senza un preciso legame con lo stato sociale del personaggio. Questo procedimento è portato alle estreme conseguenze nelle egloghe, dove sono introdotti a mero scopo buffonesco dei pastori che declamano i loro versi in bergamasco e in veneziano, una maga che recita le sue formule in greco-veneto, un ciarlatano che dice la sua tirata in dalmatino, e così via.Terza opera: All’interno della produzione teatrale del Calmo, la Fiorina e la Pozione possono essere accomunate perché entrambe sono rifacimenti di due testi notissimi, la prima della omonima commedia del Ruzante e la seconda della Mandragola del Machiavelli. Diversamente da Ruzante, per Calmo il testo non è più vincolato alla sua autorialità come definitiva fissazione dello sguardo culturale sulla realtà descritta; il testo invece è invenzione buffonesca che si ricrea e si sostanzia da sola nella illimitata inventiva linguistica del popolo minuto. Da qui il legame profondo del Calmo con quei teatri veneziani popolari, stabili o itineranti, che esprimevano uno spazio di evasione nella risata che era deputata alla creatività estemporanea dell’attore. Per questo il Calmo anticipa la Commedia dell’arte e ne è in qualche modo il fondatore, e dai suoi personaggi scaturiranno alcune maschere tipiche della Commedia dell’arte, come, ad esempio, Pantalone. Pertanto la genialità del Calmo, anche come commediografo, consiste nella sua vitalissima creatività linguistica, strumento precipuo del suo riso carnevalesco, per dirla alla Bachtin, che se ne infischia delle linearità, della logicità e del valore culturale della trama. Acrobazia linguistica e acrobazia gestuale del mimo sono gli ingredienti dello spettacolo. Si tratta di un ritorno alle radici antropologiche della messinscena teatrale, sulle orme di Plauto e del suo attore principale, il servus currens, vero motore dell’inventiva rocambolesca.
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